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domenica 17 febbraio 2013

Poggio Umbricchio, il paese che aspetta una visita

La vita, la magia e le difficoltà di un borgo montano che non vuole arrendersi al silenzio

Scriveva Cesare Pavese: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

C’era una volta un antico paese fortificato che spartiva con la roccia, sulla quale era stato erto, un rapporto di amicizia.
Ma venne la guerra, il mondo cambiò faccia e gli uomini lasciarono i monti, confluendo nell’esacerbata solitudine delle città.

Il progresso avanzava, i palazzi raggiungevano vertiginose altezze e le strade si scuotevano di nuovi prodigi elettronici, così la falce macchiata d’erba veniva riposta per instaurare un rapporto di simbiosi con la ruggine.

In breve il paese cominciò a spegnersi, tradito da un lavoro che non conosceva più pazienza.

Non esistono luoghi idilliaci, nemmeno nelle favole, ma se volete fare un tuffo nel passato, saggiare la consistenza della terra, scrutare da vicino le montagne, bagnarvi nelle fredde acque del Vomano e gustare quel che di buono la natura offre, inforcate la Statale 80 del Gran Sasso d’Italia, direzione Montorio al Vomano e proseguire fino a incontrare il bivio per la Provinciale 42C che s’inerpica, indomita, tagliando i pendii che cullano l’abitato di Poggio Umbricchio.

Arroccato nell’alta valle del Vomano, tra il Gran Sasso e la Laga, a ridosso di quella che è stata per duemila anni una delle principali vie di comunicazione tra l’Abruzzo e Roma, questo lembo di montagna, accecato dalle rotte di speranza economica, verte in semiabbandono.

Dal dopoguerra in poi, infatti, ha vissuto - alla stregua dei numerosi borghi limitrofi - uno spopolamento fulminante.

Il piccolo centro rurale, nella stagione fredda, ospita un esiguo numero di abitanti, tanto modesto da contarsi sulla punta delle dita.


I servizi sono praticamente inesistenti.
Eppure il paese è aggrappato alla realtà, grazie alla determinazione della Pro Loco guidata dall’energico presidente Secondo Di Pietro e all’impegno dell’eclettico sacerdote Don Filippo Lanci.
Durante l’anno, non solo nel periodo estivo, il “Poggio” è un crogiolo di attività, eventi e manifestazioni che spaziano dal sacro al profano, dall’enogastronomia all’arte, dalla cultura al divertimento.
Senza dimenticare lo sport e la squadra di calcio amatoriale.

Tra gli appuntamenti più importanti ci sono le rievocazioni storiche di San Antonio Abate, il venerdì Santo con la solenne processione notturna, la Via Crucis con attori e figuranti in costume, il lunedì dell’Angelo, i festeggiamenti in onore della Santa Patrona, Santa Maria Lauretana (8 settembre), e la manifestazione a metà estate “Vivere in un mulino ad acqua”organizzata nei pressi del vecchio manufatto “De Giorgis”, recentemente ristrutturato dall’Ente Parco.

E sarebbe peccato, una volta in paese, non visitare la chiesa parrocchiale di Santa Maria Lauretana (secolo XVI) e, al suo interno, i magnifici altari lignei barocchi, gli affreschi cinquecenteschi, le tele dei secoli XVII-XVIII, il sorprendente soffitto ligneo a cassettoni del Seicento e il cippo miliario romano (IV secolo d.C.).

(di Fabio Petrella - foto Catia Di Pietro)

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Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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