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sabato 23 marzo 2013

Maria S.S. di Ponte a Porto a Frondarola!

Non lontano da Frondarola e Valle San Giovanni, sulle colline teramane c'è la suggestiva chiesina di Santa Maria di Ponte a Porto.

E' ubicata su di un pianoro alla sinistra del fiume Tordino, in un minuscolo borgo formato da poche case rustiche adibite a magazzini.

Qui un tempo esistevano altri templi rurali documentati da fonti del XIII, XIV secolo e oggi non più visibili.
L’importanza di questo sito era notevole nell’alto medioevo.

La parola “Portus” confermerebbe la tesi suggestiva dell’esistenza di un piccolo porto fluviale di epoca romana, attrezzato per il trasporto del legname, che dai monti giungeva all’Interamnia e addirittura a Castrum Novum Picenum, l’odierna Giulianova.
L’ipotesi appare comunque remota per la presenza di grosse rocce che avrebbero reso impossibile la navigazione.

Chi visita la chiesa, troverà un affresco sull’altare laterale sinistro dell’unica navata a pianta rettangolare fatta di mura a pietra di fiume e copertura a “capanna” con capriate e mattoni a vista.
L’opera, restaurata, raffigura la Madonna in trono con San Sebastiano e San Rocco ai lati.
Il dipinto è databile tra la fine del XV secolo e i primi anni del XVI e dimostrerebbe l’esistenza di una cappella votiva in epoca più remota della chiesa attuale sorta nel 1649.
La data si nota, scolpita, nell’architrave del piccolo portale d’ingresso.

Nella sacrestia, tra gli stipiti in pietra e l’architrave della porta, ai lati di un anagramma dedicato a San Bernardino, si legge un ‘altra data, il 1663.

Prima di allora la chiesa era un’edicola votiva, meta di pellegrini che dalle montagne arrivavano a valle a chiedere aiuto spirituale.

Qui passava un’importante strada che da Frondarola risaliva verso le terre dei Morricone, nei pressi di Tofo di Torricella, Villa Popolo, Colle Caruno, Villa Gesso, Roiano, il castello dei Melatino a Battaglia e Civitella del Tronto.

Per molti storici era una variante della famosa Salaria.

La piccola cappella deve le sue antiche fortune ad una tradizione che definiva santo un vecchio eremita, autore di prodigiose guarigioni tra il popolo.
Questi usava porre il suo giaciglio notturno proprio dove sorge oggi la sacrestia del tempietto sul fiume.

Alcune incisioni antichissime ritrovate all'interno della chiesa, testimoniano un avvenimento miracoloso.
I soldati della Fortezza di Civitella di passaggio per Montorio, ringraziavano la Madonna per averli salvati da una delle frequenti piene del fiume.
La leggenda racconta che il corso d’acqua si era ingrossato per le grandi piogge cadute per giorni.

I malcapitati militari, di passaggio in quel luogo, si trovarono in serio pericolo, mentre il ponte, che collegava le due rive del Tordino, stava crollando sotto i colpi delle intemperie.
Apparve allora la Madonna.

Fu vista nitidamente mantenere con le sue mani il ponte, permettendo agli uomini di mettersi in salvo.
Queste storie popolari, danno l’idea del profondo culto che le nostre zone esprimono per la mamma del Cristo.

Le incisioni spiegano, probabilmente, il toponimo di Ponte a Porto.
Vi era in zona un guado di epoca romana, del quale si vedono, ancora oggi, vecchi resti di pilone.

Sembra certo che per “Porto” si debba intendere il pagamento di un pedaggio riscosso da una guarnigione di gabellieri posti sotto il castello di Frondarola.

Altre teorie attribuiscono al nome ben altri significati, non suffragati da documenti.
Della statua della Madonna, oggi custodita altrove, è bellissimo il manto rosso che la copre sul trono. Lei ha le mani conserte e reca sulle gambe il Bambino Gesù, iconografia gotica che mostra la Vergine dal volto austero e la mano destra benedicente.

Interessante è anche il trono monumentale la cui configurazione ha interessanti precedenti nella Madonna con Bambino della splendida pieve di San Salvatore a Canzano e nell’affresco della chiesa di Santa Maria in Costantinopoli a Scanno, datato 1478.

Non passa inosservato, all’interno della chiesina, l’intero arredo sacro, composto da candelieri e due crocifissi intagliati in legno.

Sopra l’altare maggiore campeggia una bella tela a olio datata 1777, che ritrae la Madonna a braccia aperte, seduta su di una nuvola, sorretta da cinque piccoli putti.
In alto la figura di Dio e Cristo, entrambi muniti di scettro che cingono la corona dell’Immacolata.

Due sponde che degradano verso un fiume a formare un piccolo guado, una strada rurale, un gruppo di casupole, una chiesetta di semplici pietre, ma quanta storia, quanta arte, quanta umanità!

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Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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