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sabato 20 settembre 2014

Il borgo dei motti ai piedi del Grande Sasso!

I resti del castello dei Conti di Pagliara, affacciati sulle scoscese forre che precipitano verso il borgo medievale di Isola del Gran Sasso, rivaleggiano in severità con la tozza corona di vette.

Gli occhi, meravigliati, salgono di quota verso splendide faggete.


Dopo una ventina di minuti di piacevole camminata, le pietre segnate dal tempo aprono agli occhi un luogo straordinario, arroccato su di uno sperone di roccia con vista mozzafiato sulla catena del gigante appenninico.
Si distinguono due torrioni piramidali, alcuni pezzi di mura della chiesina dedicata a Santa Maria.
Una singolare leggenda racconta di lunghi cunicoli sotterranei che collegherebbero il colle all’abitato di Isola, attraversando in profondità i dirupi circostanti.

Qui ovunque si può intraprendere corroboranti passeggiate.
Nella vicina Casale San Nicola, ad esempio, una bella mulattiera porta in circa 40 minuti al “pianoro dei frati” con una vista superba sul paretone del Corno Grande.
Qui, nel 1100, esisteva un insediamento monastico di oltre cinquanta religiosi.

Rimane solo una chiesina ristrutturata grazie all’intervento dell’Archeoclub.
Si aprono ovunque scenari di bellezza unica.
All’estremo, la grande parete levigata del monte Camicia si avvinghia alla biforcuta vetta della Forcella verso il Siella.
Il monte Prena dalla larga mole rigonfia si sussegue a semi cerchio col Brancastello e fino ai Due Corni, il Grande e il Piccolo e Cima Alta.

Il Montagnone si unisce in un abbraccio infinito al paese, con il largo pendio di Forca di Valle.

Può comunque apparire singolare che una località a soli 419 metri sul livello del mare ricordi il nome della vetta più alta degli Appennini ma questo accade perché il Gran Sasso incombe ovunque sull’antico borgo.
L’abitato è bello e raccolto con le sue viuzze, le piazzette monumentali con attorno alle mura, i due corsi d’acqua del Ruzzo e del Mavone a creare un ambiente idilliaco.
Una sorta di isola, appunto, come la tradizione vuole fosse definita nell’800, dallo scrittore Edward Lear che conobbe il luogo in uno dei viaggi immortalati nei suoi libri.

Le campagne a fondo valle donano colori vividi tra prati falciati e terrazzamenti sorretti da caratteristici muretti a secco, testimonianza di millenaria sapienza contadina.

C’è però una singolarità che caratterizza fortemente questo paesino del XII secolo: le straordinarie quanto singolari iscrizioni che adornano i piccoli portoni e le finestre antiche, piccoli motti secolari realizzati in latino, molti dei quali purtroppo sono andati irrimediabilmente perduti.

Sono antiche e sagge sentenze di tipo popolare che presuppone la conoscenza di questa lingua ormai scomparsa: “Amico fideli nulla esta comparatio”, nulla è più importante di un amico fedele;
“Amicum esse licet sed usque ad aras, oppure “Virtutis laus in actionibus consistit”.

Forse gli abitanti se dovessero scegliere uno di questi detti opterebbero per il “melius mori quam foedari”, meglio morire che essere disonorati.
Questo suggerisce la storia secolare del luogo.

Molte di queste scritte furono portate dal monastero di Fano A Corno, quando un terremoto, nei primi anni del settecento, rimaneggiò profondamente la struttura, abbandonata subito dopo dai camaldolesi.

Isola, antico paese della Valle Siciliana ha sempre vissuto sotto dominazioni prepotenti e terribili, dalla crudele famiglia dei Pagliara agli Orsini con il primogenito Napoleone, fino a Camillo Pardo che abdicò in favore degli Alarcon Mendoza ai tempi della dominazione spagnola nella valle.
Era il 1526 quando l’imperatore Carlo V, durante la ristrutturazione del Regno di Napoli, assegnò la valle allo spagnolo De Alarcon, una sorta di premio per aver combattuto valorosamente nelle battaglie di Parma e Piacenza.

Allora il paese di Isola era ben diverso.
Si accedeva al suo ingresso attraverso delle porte che delimitavano il castello, le più importanti delle quali erano il “Torrione” e la “Cannavina”.

Questa comunque è terra di santi, amici miei: Gabriele dell’Addolorata con il santuario tra i più visitati d’Italia, è a pochi metri; la dolce Colomba, sorella di San Berardo ha vissuto nelle foreste che circondano l’abitato; Frà Nicola visse qui un eremitaggio di anni, amato da tutti i paesani in una grotta oggi chiamata Frattagrande; infine diversi religiosi hanno vissuto per anni in modo ascetico in grotte di fortuna sotto la montagna.

Fate un esercizio utile per il fisico e per la mente: girate senza meta nel paese godendo dei panorami e dell’antichità che trasuda dalle stradine interrotte qua e là da piazzette silenti.
Un vero labirinto di vicoli intersecanti tra loro, coronati da qualche vetusto palazzotto gentilizio, chiesine in pietra a conservare segni di un suggestivo passato.
Scoprirete anche qualche finestra finemente disegnata con cornici, bifore, stemmi, opere d’arte dal
continuo sovrapporsi di stili che richiamano tanti piccoli abitati intorno.

Obbligo è visitare la chiesa madre dedicata a San Massimo, con il bel portale di Matteo da Napoli, del 1420.

All’interno, la navata di sinistra, offre il bel colpo d’occhio della cappella di San Iacopo, col piccolo battistero rinascimentale in pietra bianca, ornato di fregi animaleschi e testoline di putti adoranti.
Nella sacrestia un inaspettato gioiello, un ostensorio quattrocentesco impreziosito da un pannello in maiolica di Castelli raffigurante la Madonna con Bimbo fra San Berardo e Santa Colomba, che dicono sia stato rinvenuto nell’eremo della donna, sorella del patrono di Teramo, che si visita camminando nei boschi circostanti.

Prima di andar via, mi reco davanti alla graziosa Cona di San Sebastiano, fuori le mura.

La trovo di nuovo chiusa e le chiavi non reperibili.
Anche questa volta non sono riuscito a fotografare gli affreschi del grande Andrea De Litio, uomo del Rinascimento!


Arrivare a Isola:

Itinerario più veloce e meno interessante:
A24 Teramo Roma, uscita San Gabriele Isola. Poi due chilometri per il paese.
Itinerario piacevole e ricco di luoghi ameni e interessanti:
S.S.150 Roseto- Montorio al Vomano. Oltrepassata Val Vomano e Zampitti Salara, verso Montorio, svoltare al bivio a sinistra e seguire indicazioni Isola, Santuario San Gabriele.
Dal mare di Roseto sono 48 chilometri, da Giulianova 53, dalle Marche di Porto d’Ascoli circa 70 chilometri.

Per mangiare ci sono molti locali dignitosi a buon prezzo e ottima qualità sia in paese, che nei piccoli borghi intorno come a San Pietro, circa 800 metri sul livello del mare.


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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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