Cerca nel blog o nel web o nei siti della PacotVideo

Visualizzazione post con etichetta Caramanico Terme. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Caramanico Terme. Mostra tutti i post

domenica 8 settembre 2013

Il linguaggio della Fede: San Tommaso a Caramanico

Proponiamo un viaggio entusiasmante, alla scoperta dei segreti della chiesa di San Tommaso Beckett, a Caramanico Terme.

La campana alle nove del mattino, chiama i fedeli a raccolta. La monumentale chiesa, a pochi tornanti da Caramanico Terme, in provincia di Pescara e nel cuore del Parco Nazionale della Majella, è dedicata all’arcivescovo di Canterbury,

San Tommaso Beckett, assassinato nel 1170 mentre celebrava una funzione religiosa.
L’abito pontificale si arrossì del suo sangue innocente sparso a causa dell’eterna lotta tra la Corona inglese e la Santa Romana Chiesa.

Tre anni dopo, lo sventurato fu santificato da Santa Romana Chiesa.
“In verità per lungo tempo si è stati convinti che la chiesa fosse intitolata all’apostolo Tommaso le cui ossa riposano in Ortona”, a parlare è il curato di campagna che officia messa e cura le anime del paese di Salle, pochi tornanti dall’affascinante castello a picco sulle gole dell’Orta .
“Qualcuno addirittura pensava a San Tommaso d’Aquino…”.

In verità sono in pochi a conoscere questo santo d’Inghilterra.
Grazie ad un altrettanto sconosciuto abate di Casauria, tal Leonate, il culto per Tommaso arrivò, nell’antichissimo cenobio benedettino, dopo aver raggiunto Subiaco, Bucchianico e giù, nel tacco d’Italia, fino a Monreale in Sicilia.

Chiacchieriamo con il sacerdote davanti al bellissimo portale maggiore, sormontato da un architrave che reca scolpite a tutto tondo, le figure di Cristo e degli apostoli.

Innumerevoli sono i simbolismi sulla facciata.
Il bellissimo Fiore della Vita, che si ricollega a una tradizione cara ai Templari è scolpito su di una pietra della finestra nell’abside esterna e due sono i fiori “accoppiati” in un cerchio, incisi misteriosamente.

I Templari ebbero vasta diffusione in Abruzzo, perchè il loro fondatore, Ugo di Pagani, pur essendo lucano di nascita, contava numerosi feudi nella nostra regione come Moscufo, Spoltore, S. Valentino, Vicoli, Villanova.
Gli uomini rosso- crociati di Dio abruzzesi, ereditarono conventi abbandonati dai benedettini.

Contro il cielo, il profilo tozzo della montagna del Morrone, forma una magica geografia di cupole d’erba.
Qui, come pochi altri posti in Abruzzo, il legame tra la terra e l’uomo sembra essere più felice.
In lontananza, la montagna madre disegna un paesaggio aspro, ricoperto di boschi e solcato da gole selvagge, in cui si celano misteriose grotte, meta preferita degli eremiti in tempi andati. Gorgoglia, sotto i piloni di un immane ponte, il fiume Orta.

I simboli sono ovunque, dentro e sotto le pietre.

Eppure quello che forse conta di più non sono i tesori architettonici ma quello che è stato loro attribuito nel corso dei secoli.

Anni fa, il rinvenimento di bronzetti raffiguranti il dio Ercole, la divinità dalla forza prorompente, custode delle sorgenti e nume tutelare dei pastori, suggerì l’ipotesi fantasiosa che in questo sito ci fosse, nella notte dei tempi, un’area di culto importante.

L’utilizzo delle fondamenta di un preesistente edificio sacro, probabilmente legato al culto delle acque, come sembra attestare la cripta e il pozzo arcaico di acqua sorgiva, ancora oggi determina manifestazioni di credenze popolari tra religione e superstizione.

Un primo tempio fu fatto edificare in questo luogo, nel 45 d.C. in seguito all’apparizione degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.
Di certo, la chiesa attuale risale alla seconda metà del XII secolo e la costruzione è attribuita alle maestranze di San Clemente a Casauria.
Un’iscrizione, posta sul portale sinistro, testimonierebbe comunque la conclusione dell’edificazione nel 1202.

Tre navate di aspetto basilicale che conservano alcune pitture di epoca duecentesca che rimandano ai temi bizantini della bella Santa Maria ad Criptas nelle vicinanze di Fossa dell’Aquila.
Ai lati dei gradini che conducono al presbiterio, si ammirano due leoni di bella fattura risalente al periodo romanico.

E’ visibile anche, un bel crocefisso risalente al XV secolo.
 Tra gli austeri pilastri, un esile e stravagante monolito transennato!

Il parroco racconta che il mito della fertilità pian piano si è trasmesso dalle bestie agli esseri umani.
La cosiddetta “Colonna Santa” che poggia su di una sproporzionata zoccolatura ed è sormontata da un enorme capitello altrettanto sproporzionato, ornato da palmette e tralci serpeggianti, avrebbe proprietà risanatrici.

Unica nel repertorio della plastica medievale, la colonna ha avuto nei secoli una forte presa sulla fede popolare, che la vuole portata sul posto da un angelo e che ne ha fatto oggetto di devoti strofinamenti. L'assottigliamento nella parte inferiore dovuta anche al fatto che spesso erano asportati souvenir di pietra, ha costretto la Sovrintendenza a transennare il manufatto.

=========================
Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
=========================

sabato 7 settembre 2013

Il patrimonio della terra

Un percorso avvincente a Caramanico terme, cuore della montagna madre della Majella, nella tradizione del benessere, immersi in una natura straordinaria tra acque curative, fiumi che corrono in strette gole, borghi semi abbandonati ed eremi dislocati in selvaggi dirupi.

Ippocrate che di medicina se ne intendeva eccome, soleva ripetere che è la natura a curare i malanni dell’uomo.
A Caramanico Terme ne hanno fatto una filosofia di vita.
Il cartello che dà il benvenuto ai visitatori recita: “distretto del benessere”.

E, per la verità, la parola benessere viene utilizzata un po’ovunque: sullo striscione del palco in piazza dove si svolgono gli intrattenimenti serali, sugli zerbini dei confortevoli hotel che ospitano il turismo termale, nelle vetrine dei piccoli negozi del corso.

Perché qui è forte il senso dell’ospitalità per una terra benedetta con acque tra le migliori d’Italia, capaci di curare, rilassare, rigenerare.
Questo minuscolo paese che d’inverno conta circa 1000 abitanti e che d’estate triplica le presenze, è tra le prime dieci località turistiche montane in una speciale classifica stilata dal Touring Club Italiano in collaborazione con Legambiente.

Fa bella mostra di sé per le sue qualità naturalistiche, la gestione eco compatibile del territorio, l’accoglienza e il rispetto dell’ambiente e non sfigura al cospetto di località blasonate come Cogne nel parco del Gran Paradiso, Ceresolo Reale nelle alpi piemontesi, Braies e il suo splendido lago in Alto Adige e Pietracamela nel comprensorio del Gran Sasso d’Italia.

Caramanico vive con incredibile tranquillità il delicato rapporto tra wilderness e civilizzazione.
Basta allontanarsi di qualche passo dal centro storico per ritrovarsi immersi nella fantastica gola dell’Orfento, con le sue pareti rocciose che quasi si toccano, in uno tra gli spettacoli più emozionanti che la natura possa offrire.

Pareti calcaree, rocciose, strapiombanti che si aprono a cavità carsiche vertiginosamente affacciate sul fiume, ad incidere profondamente il versante nord occidentale della Majella, la dorsale più elevata del massiccio che collega il Blockhaus con il monte Focalone, i Tre Portoni, Pescofalcone.

Un infinito paesaggio dell’anima che genera, come pochi luoghi riescono a fare, sentimenti contrastanti che difficilmente lasciano indifferenti: entusiasmo, serenità, armonia, inquietudine, in alcuni casi, paura.

Un solco gigantesco, rivestito di fitte faggete e popolato da lupi, cervi, caprioli, orsi e aquile reali. Un mondo magico che, in pochi chilometri, scende dai 2676 metri fino ai quasi 600 di Caramanico tra boschi, cascate ed eremi, in cui ancora è possibile respirare l’aria del misticismo, la parte santa della Majella, nascosta nel fitto della vegetazione, dove gli anacoreti annullarono la loro vita, dedicandola alla contemplazione di quel Dio che da queste parti ha dato il meglio della sua stupenda opera.
Figure di santi e beati che elessero questi posti a loro “deserto personale”.

Qui le acque che scendono tumultuose, subiscono mutazioni cromatiche indescrivibili.
Rocce erose, nude pareti di calcare alte diverse centinaia di metri che appaiono come tormentate da lame affilate.

L’acqua scava, sagoma la pietra poi quasi scompare nelle viscere della terra, riaffiorando all’improvviso in piccole cascate.
Qualche chilometro e ci si trova immersi, poi, in riserve naturali o nel cuore del Parco Nazionale della Majella.

Per lunghi anni la valle ha vissuto la spinta ascetica della solitudine, della preghiera con esempi fulgidi di uomini come frà Pietro Angeleri, colui il quale divenne il “papa del grande rifiuto”.
Innumerevoli borghi incastellati, spesso abbandonati, impreziosiscono la vallata che si sviluppa intorno alla opulenta Caramanico.
Salle Vecchia, ad esempio col suo fantastico castello.

Il profilo segnato dal maniero con le sue torri merlate testimonia una storia secolare, inaspettata quasi in questi luoghi lontani dalle grandi vie di comunicazione.
Il rifilo della rocca si staglia sull’ultimo colle prima del complesso montuoso del Morrone, antica via di transumanza.
Il castello era il baluardo difensivo a controllo della valle dell’Orta.

Il paese è una vera e propria cittadella dell’arte con tante vie strette che si intersecano meravigliosamente tra loro.
Sono tanti i monumenti, uno dei più importanti è l’Abbazia di Santa Maria Maggiore fondata dai monaci benedettini di S.Clemente a Casauria intorno all’anno 1000.

Dal suo impianto architettonico si evince che l’edificio sia stato costruito con la duplice funzione di essere fortificazione a difesa del paese, date le sue imponenti mura e luogo di culto preminente rispetto alle altre chiese del territorio circostante.

Del complesso monastico delle Clarisse sappiamo che fu fondato nel 1636 da Giovan Battista Castruccio, cittadino locale che volle destinare la sua dimora a monastero.
L’abbandono da parte dell’ordine monastico della struttura avvenne a fine ‘600 dopo che un terribile terremoto lo danneggiò.
Oggi, l’edificio recuperato parzialmente è destinato a ospitare eventi congressuali e, visitandolo, è ancora possibile, individuare la Chiesa annessa al convento dedicato a San Giovanni Battista

La chiesa di San Tommaso Becket rappresenta uno dei monumenti più interessanti che si trovano a Caramanico, di elevato pregio e valore artistico anche se la sua costruzione è stata particolarmente tormentata; essa è conosciuta anche con il nome della grande incompiuta.


I lavori per la sua edificazione, infatti, iniziarono nel 1202 e prevedevano la costruzione di un maestoso edificio di stampo romanico con annesso portico, all’interno un pulpito e numerosi decorazioni di grandi artisti.

Nacque per iniziativa di una comunità agostiniana che volle dedicarla a San Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury; assassinato nel 1170 in Inghilterra.
La chiesa al suo interno è strutturata a tre navate.

=========================
Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
=========================

mercoledì 15 maggio 2013

Nel cuore della Majella

Il piccolo borgo di Decontra, frazione di Caramanico, nel cuore del Parco Nazionale della Majella, è sconosciuto a molti che preferiscono arrivare nel vicino paese delle terme per visitare la valle dell’Orfento.
 Eppure questo abitato in provincia di Pescara è rimasto in gran parte intatto nei millenni.

Conserva molte delle abitazioni in pietra di una volta, alcune antiche arcate che disegnano cornici e custodisce resti di impianto medievale.
In più è panoramicamente affacciato su di un incredibile vallone.

La vista che si gode da questo pianoro a 860 metri s.l.m. è davvero superba e include, in una imponente scenografia, il Monte Morrone e il versante nordoccidentale della Maiella, divisi dal solco della Valle dell'Orta, su cui si stende l'abitato di Caramanico.

Scenari naturali di rara bellezza, vertigini rocciose e fitti boschi si aprono agli occhi di chi scopre questo luogo dell’anima.

L'ampiezza degli spazi fanno di Decontra un luogo ideale per escursioni a cavallo, in mountain bike e con gli sci di fondo in qualsiasi stagione.

A sostegno di queste attività sportive, è sorto recentemente un interessante centro, in una costruzione in pietra di fronte alla fontana del paese, con bar e noleggio di attrezzature.
 Ma le peculiarità del luogo non finiscono qui.
Il paese è soprattutto punto di partenza per visitare gli eremi di San Bartolomeo in Legio e San Giovanni.
Quest’ultimo è sicuramente il più impervio e inaccessibile ma probabilmente il più "scenografico" dei romitori celestiniani.

Sorge a 1220 metri, in uno dei punti più belli della valle.

Della costruzione rimane solo la parte aerea, due vani interamente ricavati nella parete di calcare, seminascosti nella fitta faggeta a cui si accede in ginocchio e camminando carponi.


Ma anche per conoscere San Bartolomeo occorre attraversare impervie vie, scendere lungo il letto del fiume per scoprire una costruzione mimetizzata in una parete rocciosa a strapiombo sulla valle, a sfidare le leggi della statica.

Il tugurio che pare un pueblo messicano o il ponte di una nave di roccia che guarda la gola, fu rifugio dell’umile eremita Pietro da Morrone nel XIII secolo, futuro Papa Celestino V.

Nell'area sorgono due importanti siti archeologici del paleolitico.

È stata accertata, infatti, il passaggio di gruppi di cacciatori nomadi, risalenti a 14.000 anni fa, che utilizzarono la valle detta Giumentina, come cava per l'estrazione della selce e per la macellazione della selvaggina.

C’è chi, addirittura, avvalendosi dei reperti litici rinvenuti negli anni sessanta, riporta indietro di 500.000 anni fa la presenza dell’uomo in questi luoghi.

Ma c’è un ulteriore interessante motivo per prendere l’auto e arrivare fin qui.
Non lontano si trova il bel paese di Roccamorice, aggrappato ad uno sperone triangolare incuneato tra le acque dei piccoli fiumi Lavino e Lannella.

Il villaggio è di per sé interessante da visitare caratterizzato com’è da case disposte a schiera in un tessuto abitativo singolare, conserva alcune case gentilizie, due chiese, una dedicata a San Donato e l’altra detta “del barone”, realizzata intorno ad una torre, antico resto del feudo dei Valignani.

Però, il vero gioiello antropologico di questo borgo sono i “tholos”, le capanne in pietra a secco, dalla struttura a cono, utilizzate nei secoli per il ricovero di greggi e pastori.

Non lontano verso il Colle della Civita, lungo la ripida strada di collegamento con la Majelletta a quasi 2000 metri, si può vedere un esemplare unico a due piani!

Decontra si raggiunge percorrendo la A25 Roma Pescara, uscita Scafa e S.S.487

sabato 7 gennaio 2012

San Tommaso Beckett - Il linguaggio della fede

La campana alle nove del mattino, chiama i fedeli a raccolta.
La monumentale chiesa, a pochi tornanti da Caramanico Terme, in provincia di Pescara e nel cuore del Parco Nazionale della Majella, è dedicata all’arcivescovo di Canterbury, San Tommaso Beckett, assassinato nel 1170 mentre celebrava una funzione religiosa.

L’abito pontificale si arrossì del suo sangue innocente sparso a causa dell’eterna lotta tra la Corona inglese e la Santa Romana Chiesa.
Tre anni dopo, lo sventurato fu santificato da Santa Romana Chiesa.

In verità per lungo tempo si è stati convinti che la chiesa fosse intitolata all’apostolo Tommaso le cui ossa riposano in Ortona”, a parlare è il curato di campagna che officia messa e cura le anime del paese di Salle, pochi tornanti dall’affascinante castello a picco sulle gole dell’Orta .

Qualcuno addirittura pensava a San Tommaso d’Aquino…”.

In verità sono in pochi a conoscere questo santo d’Inghilterra.
Grazie ad un altrettanto sconosciuto abate di Casauria, tal Leonate, il culto per Tommaso arrivò, nell’antichissimo cenobio benedettino, dopo aver raggiunto Subiaco, Bucchianico e giù, nel tacco d’Italia, fino a Monreale in Sicilia.

Chiacchieriamo con il sacerdote davanti al bellissimo portale maggiore, sormontato da un architrave che reca scolpite a tutto tondo, le figure di Cristo e degli apostoli.

Innumerevoli sono i simbolismi sulla facciata.
Il bellissimo Fiore della Vita, che si ricollega a una tradizione cara ai Templari è scolpito su di una pietra della finestra nell’abside esterna e due sono i fiori “accoppiati” in un cerchio, incisi misteriosamente.

I Templari ebbero vasta diffusione in Abruzzo, perchè il loro fondatore, Ugo di Pagani, pur essendo lucano di nascita, contava numerosi feudi nella nostra regione come Moscufo, Spoltore, S. Valentino, Vicoli, Villanova.

Gli uomini rosso- crociati di Dio abruzzesi, ereditarono conventi abbandonati dai benedettini.

Contro il cielo, il profilo tozzo della montagna del Morrone, forma una magica geografia di cupole d’erba.
Qui, come pochi altri posti in Abruzzo, il legame tra la terra e l’uomo sembra essere più felice.

In lontananza, la montagna madre disegna un paesaggio aspro, ricoperto di boschi e solcato da gole selvagge, in cui si celano misteriose grotte, meta preferita degli eremiti in tempi andati.
Gorgoglia, sotto i piloni di un immane ponte, il fiume Orta.

I simboli sono ovunque, dentro e sotto le pietre.

Eppure quello che forse conta di più non sono i tesori architettonici ma quello che è stato loro attribuito nel corso dei secoli.
Anni fa, il rinvenimento di bronzetti raffiguranti il dio Ercole, la divinità dalla forza prorompente, custode delle sorgenti e nume tutelare dei pastori, suggerì l’ipotesi fantasiosa che in questo sito ci fosse, nella notte dei tempi, un’area di culto importante.

L’utilizzo delle fondamenta di un preesistente edificio sacro, probabilmente legato al culto delle acque, come sembra attestare la cripta e il pozzo arcaico di acqua sorgiva, ancora oggi determina manifestazioni di credenze popolari tra religione e superstizione.

Un primo tempio fu fatto edificare in questo luogo, nel 45 d.C. in seguito all’apparizione degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.

Di certo, la chiesa attuale risale alla seconda metà del XII secolo e la costruzione è attribuita alle maestranze di San Clemente a Casauria.
Un’iscrizione, posta sul portale sinistro, testimonierebbe comunque la conclusione dell’edificazione nel 1202.

Tre navate di aspetto basilicale che conservano alcune pitture di epoca duecentesca che rimandano ai temi bizantini della bella Santa Maria ad Criptas nelle vicinanze di Fossa dell’Aquila.

Ai lati dei gradini che conducono al presbiterio, si ammirano due leoni di bella fattura risalente al periodo romanico.

E’ visibile anche, un bel crocefisso risalente al XV secolo.
Tra gli austeri pilastri, un esile e stravagante monolito transennato!
Il parroco racconta che il mito della fertilità pian piano si è trasmesso dalle bestie agli esseri umani.

La cosiddetta “Colonna Santa” che poggia su di una sproporzionata zoccolatura ed è sormontata da un enorme capitello altrettanto sproporzionato, ornato da palmette e tralci serpeggianti, avrebbe proprietà risanatrici.

Unica nel repertorio della plastica medievale, la colonna ha avuto nei secoli una forte presa sulla fede popolare, che la vuole portata sul posto da un angelo e che ne ha fatto oggetto di devoti strofinamenti.
L'assottigliamento nella parte inferiore dovuta anche al fatto che spesso erano asportati souvenir di pietra, ha costretto la Sovrintendenza a transennare il manufatto.

===========================

Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

L'articolo è stato pubblicato su 2 blog
(blog della Città di Teramo - blog di Pensieri Teramani)
in 2 pagine Facebook
(Il blog della città di Teramo e della sua Provincia - Il mio Ararat)
e nella pagina di Google Plus
(La Città di Teramo e la sua Provincia.)
===========================