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lunedì 7 ottobre 2013

Accadde un mese fa ... Addio Mammà!

All’improvviso, nel pieno dell’estate se n’è andata la signora Dina De Sanctis.
Qualcuno si chiederà di chi si parla.
Basta dire, “la mamma biancorossa” e tutti i teramani capiscono subito a chi rivolgiamo questo ricordo.
E chi non conosce la “diavolessa del Teramo”, la presidentessa onoraria del Club biancorosso che per oltre sessant’anni ha seguito, con la più grande passione di questo mondo, il calcio teramano e che abitava nel cuore di Teramo in piazza S.Anna?

I presidenti si sono alternati nella società teramana, da Pediconi a Chiodi, a Lombardi, poi Malavolta, oggi Campitelli, ma lei è sempre stata lì, con la sua inconfondibile sciarpa a righe bianche rosse, con il suo affetto materno, la sua umanità, che ha sempre elargito a piene mani.

Chi andava a trovarla nella bottega di “Patruno”, nonostante fosse in un negozio di Onoranze Funebri trovava la vita e la gioia di viverla.

In una bella intervista per il quotidiano Il Cittadino, anni fa, Dina mi raccontò con incredibile memoria di quando, in età adolescenziale, seguiva il papà alle partite del Teramo; la sua prima “volta” in un lontano febbraio del 1940 quando i biancorossi pareggiarono a Roma con l’Alba, in una partita che avrebbe dovuto vincere e che l’arbitro decise con un rigore inesistente per gli avversari.

Quel giorno, Dina sciorinò statistiche da far impallidire anche il compianto Sandro Ciotti.
Raccontò il momento più difficile della società, nel 1974-75, quando le casse del Teramo Calcio erano vuote, nonostante squadra giocassero Pulitelli, Piccioni, Casagrande.

I dirigenti di allora chiesero aiuto a “mammà” per occuparsi della mensa dei giocatori.
La situazione era disastrosa, soldi pochi, passivo molto.
Dina prese a raccogliere fra gli sportivi pasta, carne, uova.
E Teramo rispose alla grande:
Cerulli mandava damigiane di olio e vino, Profeta rastrellava ogni tipo di derrata alimentare e per tre anni il Teramo non spese niente per i pasti dei giocatori e la situazione debitoria fu superata.

“Quando tornavano dagli allenamenti io, ero lì con spremute di arance e merende, a trasmettere ai giocatori l’amore che le loro mamme non potevano dare perché lontane.
Una volta avevano quasi tutti l’influenza ed io dovetti curarli con medicine e cibi leggeri … ma la domenica erano dei leoni e vinsero per 2 a 0”.

Dina quella sera mi ricordò le “giornate biancorosse” organizzate quasi da sola, quando in giro rastrellava soldi per aiutare i dirigenti e una volta fu in grado di mettere insieme cinque milioni di lire che servirono per coprire i tanti debiti che la società aveva.

Narrò con orgoglio quando ebbe la medaglia d’oro per meriti sportivi dal sindaco Ferdinando Di Paola e la targa del Coni con la lettera di ringraziamento del presidente Tulli.

Pensare che il mitico Michele Tarallo, il centravanti dai piedi buoni, raccontò che, nell’agosto del 1970, quando ebbe a Montorio il terribile incidente che pose fine a una carriera che gli addetti ai lavori pronosticavano superba, Dina raccolse qualcosa come 30.000 lire fra i tifosi intervenuti all’amichevole, per donarli al nostro sfortunato centravanti.

La seconda passione della mamma biancorossa era la cucina.
Riusciva in mezz’ora a preparare sei uova di “scrippelle”.
A me tirò fuori la “sartaggna” la mitica antiaderente e cominciò a cucinare.

E mentre agitava la padella per non farvi attaccare le scrippelle, ricordò Don Pasquale Morganti, l’autore dell’indimenticabile “Fonte delle Piccine” un tempo sita in via Carducci.

In una grande nicchia, era collocato un bassorilievo rappresentante una donna giunonica con acqua zampillante che si raccoglieva in una vaschetta a forma di conchiglia posta alla base.
Fernando Aurini, nei suoi numerosi articoli dedicati alla fonte, ha più volte affermato che le forme erano quelle di una procace donna americana la quale diede fondo ai propri risparmi commissionando l’opera all’artista teramano affinché fissasse nella pietra i suoi anni migliori.

Dina ridendo gioiosamente mi disse: “ O Sé, avrebbe fatto meglio a ispirarsi alle mie!”.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
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sabato 11 maggio 2013

Qui Teramo, Canada


Deliziosa la faccia sorridente di Paola Chiarini che la mia web cam rimanda, dal
Canada.
Potenza della tecnologia che fa diventare piccolo il globo.
Nel paese delle “giubbe rosse”, è il presidente, guarda caso, di un’associazione
di oltre cento conterranei che si chiama Abruzzo Teramano.

"Certo - dice ridendo - ma noi il nome l’abbiamo scelto più di dieci anni fa.
Siete voi ad aver copiato".

Come ti sei trovata di là dall’oceano?
«Dopo il Liceo Scientifico a Teramo, mi sono iscritta all’Università di Roma e, con uno scambio studentesco, sono giunta a Toronto nel gennaio del '90.
La città mi accolse con una nevicata incredibile.
Gli spazi immensi, il verde della natura, l’ordine, accrescevano in me il desiderio di conoscere questo mondo nuovo.
Ottenni un permesso di lavoro e insegnai lingua italiana nelle scuole elementari di Toronto.

Mi ritrovai negli studi di Radio Chin /TV International che entra nelle case di trentatré comunità etniche con programmi nelle lingue di appartenenza.
Iniziai creando spot pubblicitari, arrivai davanti ai microfoni conducendo sei ore di programma pomeridiano dal vivo ogni giorno.
Nel frattempo accumulavo esperienze musicali come organista e direttrice di coro della “Royal Opera”".

Dal tono si intusce un pizzico di nostalgia.

"Teramo conserva tanto di me.
Vorrei passeggiare nei suoi vicoletti, rivedere l’Istituto musicale Braga o la sede della Corale G. Verdi dove ho cantato, la Cattedrale dove ho diretto il Coro Interparrocchiale.
Il mio sogno è ritrovarmi a Teramo per la processione del venerdì Santo, rivedere la fontana di piazza Garibaldi, dove da bambina zampillava l’acqua e i giardinieri mettevano vasetti di fiori con la data del giorno".

Glielo dite voi a Paola che oggi, al posto di quella fontana storica, c’è l’Ipogeo?



Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

Tutti gli articoli sono condivisi su Facebook nella bacheca di Sergio Scacchia e nella pagina "Il Mio Ararat" e su Google Plus.

Gli articoli sono inoltre pubblicati da Vincenzo Cicconi della PacotVideo , tra l'altro gestore di questo blog, su:
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giovedì 2 maggio 2013

“Non rattristiamoci per averlo perso, ringraziamo per averlo avuto”

In genere, gli uomini adorano i conformisti vivi e ammirano i rompiscatole morti.
In genere, ma non sempre.

Era l’agosto 2007 quando scomparve all'ospedale civile di Teramo, Giammario Sgattoni, notissimo uomo di cultura e autentico motore della vita intellettuale della città dal dopoguerra a oggi.

Eppure non è trascorso neanche un attimo se è vero che la gente a Teramo fa ancora memoria di lui come di uno che non se ne andrà mai, la quintessenza dell’educazione, della cultura, della sensibilità poetica, della voglia di vivere.

In una parola, il contrario del rompiscatole.
Sembra ancora di sentirla quella sua voce piena, di vederlo col suo sorriso solare, gli occhi illuminati dietro le lenti, parlare veloce perché “lo so che vado a tremila” come mi disse ridendo un giorno, mentre mi stendeva una raccolta dei suoi scritti, regalo più che mai gradito da chi, come me, pendeva dalle sue labbra.

La cosa che mi colpiva di Giammario era che riusciva a vedere solo i lati belli della vita.

Come se vivesse all’interno di una fiaba dove albergavano la poesia, l’arte, la natura e la sua amata famiglia, presente in quasi tutti i suoi discorsi.

Dimenticava volutamente che una vita dedicata alla cultura, alla passione per il territorio non gli avevano garantito somme tali da farlo vivere ricco e agiato.

Per lui tutto questo non era importante.
Per lui era vitale l’essere amato come uomo prima che come letterato.
Era orgoglioso di tutte le sue innumerevoli amicizie da quelle importanti come Giuseppe Ungaretti, suo Presidente del sindacato nazionale degli scrittori, Dacia Maraini, Carino Gambacorta, fino alla gente comune come me.

Credo che, nel panorama degli autentici maestri spirituali del nostro tempo, non sia un azzardo annoverare la figura di Giammario e le sue opere.

Sgattoni è stato poeta, scrittore, critico e la sua voce è stata sicuramente tra le più autorevoli e influenti del panorama culturale.

Noto in tutta l'Abruzzo ma anche al di fuori della Regione, ha tessuto una fitta trama di relazioni con intellettuali e letterati di tutta Italia ed è stato uno dei protagonisti della vita cittadina degli ultimi decenni.

Tra gli ideatori del Premio Teramo,
meriterebbe l’intitolazione di una via cittadina, così come accaduto per grandi maestri quali Luigi Brigiotti e Guglielmo Cameli.
Giammario è stato, di là della sua immensa cultura, uno di quei pochi individui da cui tutti fanno nascere la propria identità.

Un fratello, un amico, uno del quale non sentirai mai una chiacchiera, un fatto negativo.

Incontrai per la prima volta il dottor Sgattoni (lui storceva il naso a sentirsi apostrofare così) nei locali dell’Ente Provinciale del Turismo dove ricopriva dal 1958 la carica di responsabile dell’ufficio stampa e poi di vice Direttore.

Mi vide riempire una borsa di tanti depliant e opuscoli promozionali della nostra provincia e mi chiese cosa volessi farne di tutto quel materiale che bastava per aprire un’intera agenzia di viaggi.
Gli dissi che volevo studiare approfonditamente la terra dove ero nato e vissuto fino a quel momento.

Allora Giammario sorrise e mi disse: “Inizia a conoscere Teramo”.

E per un’ora circa mi raccontò di siti archeologici sconosciuti, di un mondo sotterraneo sul quale camminavo da anni senza mai immaginarlo.

Ultimamente, quando si accorse che la malattia lo stava ghermendo, candidamente mi confidò, mentre in ufficio gli compilavo il suo 730:
caro Sergio, tu sei un funzionario tributario, ma sei soprattutto uno che scrive. Allora capirai che la mia paura è di non potere, un giorno, prendere più in mano una penna e raccontare i miei sentimenti …”
Credo che la sua anima e il suo corpo fossero, in quel preciso istante, un arco teso verso l’infinito che li avvolgeva con struggente tenerezza.
E nell’infinito ero entrato anch’io grazie alla sua amicizia.

Capii poi, durante un incontro nel quale parlavamo di alcuni articoli da preparare a quattro mani per l’amata rivista “Teramani”, che, anche quando ci avrebbe lasciati, la sua poesia, la sua prosa, in una parola, il suo mondo interiore avrebbe dimorato nel territorio accidentato e affascinante di una scrittura che prende in carico, in tutte le sue nobili implicazioni, l’oralità della parola come inconfondibile tonalità recitativa.

Anche allora il male dentro di lui non era riuscito a minare la gestualità, la forte personalità, il forbito incedere delle sue parole, le cadenze voluttuose del suo discorrere amabilmente.

Il testamento di Giammario ci viene dall’esempio, dalla sua penna, una sua certa visione del mondo che testimoniano la vita quotidiana di buon cristiano e buon cittadino.
Le epigrafi dei cimiteri spesso sono poesie, sul bianco e scuro del marmo delle lapidi scorre la storia delle persone.
Sotto l’ovale con la foto di Giammario avrei scritto: “non rattristiamoci per averlo perso, ma ringraziamo per averlo avuto”.
C’è una consolazione per tutti noi.
Giammario, dall’alto, ora che può vederci a uno a uno, sa quanto lo abbiamo amato.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
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mercoledì 24 aprile 2013

Sergio Scacchia, blogger di Paesaggio Teramano

Il mio lavoro ufficiale è a uno sportello dell’Agenzia delle Entrate.
In burocratese sono un funzionario tributario.
Per i contribuenti sono “lu ragioniere Scacchia”.

In realtà altro non sono che uno di quelli che in qualche maniera costringono a pagare le tasse in un paese dove gli odiosi balzelli servono a coprire le spese di un migliaio di politicanti che si arricchiscono a spese del popolo.

Sarei frustrato se non avessi l’altro mio lavoro, quello che non mi dà soldi ma forse solo un pizzico di notorietà.
Io, amici cari, raccolgo storie in giro per la nostra terra, racconto di chi vive il territorio, interpreto vicende anche scattando una foto.

Poi metto tutto nel blog oltre che nei libri e nelle riviste.
È come se la mattina aprissi una bottega artigiana cercando di realizzare un libro perfetto, una istantanea indimenticabile.
La madre di tutte le storie.
Non sono assolutamente uno storico anche se qualcuno dei miei lettori lo crede fortemente.

Uno di essi, un certo Giacomo, mentre sorseggiavo un caffè al Grand’Italia di Teramo, mi chiamò professore e mi fece i complimenti per i miei studi di storia perché, disse, un passo alla volta tornando indietro nel tempo riusciamo a capire qualcosa del presente.
Mi vergognai a dirgli che non avevo trascorso più di un ora in totale dentro una biblioteca in cerca di notizie storiche.

Io racconto storie, entro nell’ambiente che ho davanti agli occhi, lo descrivo con tutto l’amore che provo e ci metto dentro l’esistenza di qualcuno.
Poi scatto foto con la mia Nikon.
Tutto qui.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
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venerdì 22 febbraio 2013

Chi è Nicola da Guardiagrele?

Nicola da Guardiagrele è l’orafo, scultore più grande che l’Abruzzo, abbia mai ricordato.

Vissuto tra il 1380 e il 1459, ha lasciato all’umanità opere di incredibile bellezza, realizzate soprattutto, in metalli preziosi come argento dorato e con l’utilizzo di bellissimi smalti policromi.

Una produzione sterminata quella dell’orafo : croci professionali, ostensori come quello meraviglioso custodito a Francavilla al Mare del 1413 o quello di Atessa di cinque anni dopo, manufatti in argento sbalzato e dorato, piccole statue argentee, tabernacoli e busti reliquari.

L’opera forse più singolare è custodita nella nostra città di Teramo:
il celebre paliotto d’altare, che il grande artista realizzò tra il 1433 e il 1448.
Trentacinque meravigliose formelle d’argento disposte sopra quattro file di nove ciascuna, accompagnate da ventidue losanghe in smalto traslucido e ventisei triangoli posti lungo la cornice.

Un imponente ciclo cristologico, posto sul fronte dell’altare maggiore dell’interno del Duomo di Teramo, che va dal magnifico momento dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria Santissima, alla Pentecoste dove il Signore regala lo Spirito Paraclito.

Raffigurazioni d’incredibile verismo del Cristo Pantocratore, della Vergine sul Trono dopo l’Assunzione al Cielo, dei Santi più grandi con gli Apostoli fino ad arrivare alla formella che sembra non avere scopo nell’insieme, che raffigura il momento delizioso ancorché straziante delle stimmate di San Francesco.

Questa meraviglia fu realizzata per volontà di Giosia d'Acquaviva (feudatario della regina di Napoli Giovanna I) allo scopo di rimpiazzare un altro paliotto d'argento che era di gran valore ed era esposto nei giorni festivi, rubato nel 1416 nel corso dei disordini che seguirono l'ascesa al trono della regina Giovanna II d'Angiò alla morte del fratello Ladislao I d'Angiò.
Uno stupendo capolavoro di oreficeria sacra, da gustare intensamente davanti alla sua lastra di vetro.

Una produzione, quella di Nicola di Andrea Di Pasquale, questo era il suo nome per esteso, creata con uno stile inconfondibile e incredibilmente moderno, nonostante, la sua complessa epoca di passaggio tra il Medioevo e il Rinascimento.

Non dimentichiamo che è una sua opera, l’eccelsa croce professionale esposta nel museo della Basilica romana di San Giovanni in Laterano.
D’altronde l’Abruzzo ha saputo regalare al mondo una tradizione orafa che ha arricchito, per secoli, chiese e cattedrali tra le più importanti e non solo in Italia, dal maestro del quattrocento, cui s’ispirava Nicola, il fiorentino Lorenzo Ghiberti, fino ad arrivare ai grandi orafi del settecento.

La città dell’artista, Guardiagrele posta in posizione incantevole, a picco, nel cuore del dorso sud della Majella, è comunque patria di un’arte che mostra la vitalità abruzzese nella ceramica, nel legno, nella pietra, nei tessuti, nel bronzo.

Borgo di appena duemila anime, esprime il lavoro di fino, di cesello che ancora viene svolto da maestri fabbri, ramai, ricamatrici del famoso merletto della “sedia” con frange fatte di nodi singolari, fino ai gioiellieri, creatori della splendida “Presentosa”.

E’ un monile d’oro a forma di stella da sei a venti punte, che veniva donato dal pastore transumante alla sua donna, prima della partenza con le greggi, verso il Tavoliere delle Puglie.
Nella parte anteriore del gioiello, due piccoli cuori affiancati, indicavano che la fanciulla era una promessa sposa.

Anche nella poesia, il borgo guardiese non ha eguali: ha visto i natali del più grande poeta dialettale della nostra regione, Modesto Della Porta, modesto non solo nel nome, ma anche nelle umili origini e nel mestiere di sarto.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
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venerdì 15 febbraio 2013

Lucio Cancellieri, il custode della memoria

Intervistare Lucio Cancellieri non è cosa facile.

Il suo essere schivo, umile e mai pieno di sé è inversamente proporzionale alla sua energia allo stato puro, alla sua simpatia contagiosa.

Ma a chi vi scrive non può dir di no.

Ne abbiamo fatte di trasmissioni radio la domenica insieme, tante da aver cementato un’amicizia che va oltre la scarsa frequentazione che abbiamo da anni.


I suoi occhi guizzano furbi e intelligenti mentre mi dice:
Ma che storia è questa, Sergio? A chi vuoi che interessi una pagina tutta per me in una rivista così bella”.

Eppure di libri dedicati al nostro essere teramani ne ha fatti tanti che li potete vedere sparsi in mezzo a queste mie righe.

Lucio è il custode del passato e il cantore del futuro.

Rievocando in tutte le sue pubblicazioni i nostri frammenti di vita vissuta, crea intorno a noi il mosaico perfetto di emozioni, di affetti, di paesaggi da farci riconoscere tutti protagonisti nelle sue belle liriche per un futuro che non può prescindere dal passato.

I suoi libri sono stati definiti “lo scrigno della più genuina anima teramana”.

Una bella definizione per questo ex insegnante di educazione fisica, nato nel 1940, sotto una stella che gli ha donato una sensibilità fuori dal comune.

“E’merito del mio segno zodiacale, l’ho scritto in una presentazione di una delle mie raccolte di poesie. Grazie a lui, giuro, riesco a cogliere i sentimenti e gli aspetti romantici della vita”.

Mentre mi parla, i ricordi mi si affollano nella mente.

Riaffiorano le trasmissioni radiofoniche di musica popolare, gli amarcord in vinile, le telefonate tra noi alla ricerca spasmodica di musiche antiche.

Avevamo un amico comune, Alfredo, che forniva canzoni introvabili dal suo sconfinato archivio musicale.

Già allora, il professore scriveva in gran segreto le sue poesie e forse credeva sarebbero rimaste chiuse nel cassetto dei ricordi.

Invece la vita gioca con le nostre esistenze e oggi la sua vocazione poetica è diventata il recupero di fotografie del passato, la conservazione della memoria da trasmettere ai giovani.

I valori dello sport che sono stati bussola per la sua attività scolastica, sono oggi diventati i valori di un mondo che non deve dimenticare quello che siamo stati per far sì che i giovani abbiano un punto di riferimento da cui partire.

E dal primo libro, “L’ urticelle de Tabbusse”, che tanto entusiasmo suscitò alla sua uscita, ecco che il denso percorso di pubblicazioni di cui potete vedere le copertine, è diventata la riscoperta della vita, dei colori, dei profumi, il presidio di civiltà e cultura, l’arsenale con cui mirare dritto all’intelligenza dei lettori.






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Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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Gli articoli sono inoltre pubblicati da Vincenzo Cicconi della PacotVideo , tra l'altro gestore di questo blog, su:
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sabato 17 dicembre 2011

Presentazione libro dell'ex Senatore Antonio Franchi: "protagonisti di ieri nella luce dell'oggi"


Alle ore 17.00, presso il Museo d'Arte dello Splendore di Giulianova e davanti ad una sala gremita si è svolta la presentazione del libro "Protagonisti di ieri nella luce dell'oggi: attualità del passato", ultima testimonianza politico-letteraria del Senatore giuliese Antonio Franchi.

L'evento culturale è stato videoripreso da Vincenzo Cicconi della PacotVideo.
Su internet è stata pubblicata sia la versione integrale che i singoli interventi degli oratori intervenuti.

Sono intervenuti:
1 - lo storico Roberto Ricci
2 - il giornalista Francesco Marcozzi che ha anche coordinato l'incontro culturale
3 - il sindaco di Giulianova Francesco Mastromauro
4 - l'Onorevole Alberto Aiardi, economista
5 - l'artista Sandro Melarangelo
6 - il Presidente Ente Porto di Giulianova Pierangelo Guidobaldi
7 - il senatore Antonio Franchi, autore del libro


Il libro rappresenta un importante documento che, attraverso il racconto di diversi personaggi della vita culturale e politica di Giulianova, permette alle nuove generazioni di rivivere il periodo storico che va dagli anni 30 agli anni 90.

I personaggi che sono stati raccontati nel libro dal senatore Antonio Franchi, iscritto al Partito Comunista, sono diversi e appartenenti a diversi schieramenti politici, dalla Democrazia Cristiana al Partito Comunista e al Partito Socialista:
1 - l'avvocato Riccardo Cerulli
2 - Pio Macera
3 - Giuseppe Martinelli
4 - Antonio Di Pietrangelo
5 - Fernando Di Teodoro
6 - monsignor Ettore Di Filippo
7 - Pina Ridolfi
8 - Leo Leone
9 - Balilla Vanni
10 - Il senatore Pietro De Dominicis
11 - Bruno Andreani
12 - Pasquale Di Massimantonio
13 - Ezio Ridolfi

Costoro hanno caratterizzato la vita quotidiana di Giulianova nel dopoguerra fino agli anni 90 rappresentando la cittadinanza locale nelle istituzioni locali, provinciali, regionali e nazionali

Il loro impegno politico ma anche sociale e culturale hanno permesso lo sviluppo
economico, sociale, civile dell'intera regione Abruzzo.













Qui di seguito riportiamo l'introduzione al libro.

"...La contrapposizione ideologica era netta e forte.
Il di­battito politico però, anche se aspro, si svolgeva sempre su un piano di civiltà e correttezza, di rispetto reciproco.
Oggi purtroppo non è così.
Spesso assistiamo a dibattiti con i contendenti che si ricoprono di invettive e contumelie offrendo uno spettacolo indecoroso che allontana il cittadino dalle istituzioni.
Oggi la politica è debole.
I politici vengono guardati con ostilità e con disprezzo.
Ieri erano considerati e rispettati.

Un libro sulla casta nessun giornalista si sarebbe mai sognato di scrivere.
Il livel­lo culturale dei politici purtroppo si è sensibilmente abbassato.
Spesso chi scende in campo lo fa per ambizione personale.
Tutto questo alimenta la sfiducia e l'ostilità nei confronti dei partiti e della politica.

Attenti, però, l'antipolitica distruttiva porta inesorabil­mente verso esiti oligarchici e autoritari.
Essa va combattuta accogliendo la domanda di moralità e di rigore che i cittadini ri­volgono ai loro rappresentanti.

Pietro De Dominicis era convinto che i partiti sono indispensabili alla democrazia e che la politica è il solo strumento a disposizione dei più deboli per far sentire la propria voce giacché i potenti non ne hanno bisogno per tu­telare i propri interessi.

Ecco perché spesso ammoniva le nuove generazioni che ci si impegna in politica soltanto se sì è spinti da grandi ideali di giustizia, di libertà, di solidarietà..."

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Riprese di Vincenzo Cicconi della Pacotvideo.
Il video ha una durata di circa 1 ora 38 minuti;

E' stato pubblicato sulle pagine Facebook:
1 - Produzione Video a Teramo (Abruzzo) - PacotVideo.it di Cicconi Vincenzo
2 - Il blog della città di Teramo e della sua Provincia
e sulle pagine di Google Plus
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - La Città di Teramo e la sua Provincia

Inoltre è stato pubblicato su cinque canali di video sharing gestiti dalla PacotVideo:
La versione integrale su Vimeo - Blip.TV.
I singoli interventi degli oratori su Vimeo - Blip.TV - Kewego - DailyMotion.

Articolo, foto e video sono inoltre visionabili su tre blog anch'essi gestiti da Vincenzo Cicconi della Pacotvideo:
1 - blog della Città di Teramo
2 - blog della PacotVideo
3 - blog di Pensieri Teramani

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sabato 30 ottobre 2010

A Roberto Saviano il Premio Nazionale Paolo Borsellino 2010.












"Il potere, mai come ora, sente di scricchiolare ...
tutto sembra che stia finendo ...
dobbiamo resistere ancora un poco ma sta finendo ...
credo che dobbiamo avere fiducia in questo.
"

Questo è stato sicuramente il passaggio del discorso di Roberto Saviano più applaudito dal numeroso pubblico accorso al Teatro Odeon di Roseto degli Abruzzi per assistere alle premiazioni della 15° edizione del Premio Paolo Borsellino.

FRASI PROFETICHE !!





Roberto Saviano ha chiuso il suo discorso con una pillola-verità ...
"VERITA' E POTERE NON COINCIDONO MAI".

Lo scrittore e, prossimamente, "autore televisivo" del programma di RAI 3 "Vieni via con me" con Fabio Fazio si è detto emozionato di ricevere un premio intitolato a Borsellino soprattutto perchè ricevuto in Abruzzo ...
"terra che amo moltissimo per una piccola forma di narcisismo che ho ... è stata la prima regione a darmi la cittadinanza onoraria".






















MOTIVAZIONE PREMIO 2010 A ROBERTO SAVIANO

Sapere, capire diviene una necessità, l'unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare.

Roberto Saviano agisce in prima per­sona e nella soci­età civile, con­tro le mafie, le ingius­tizie, con­tro l’ambiente dev­as­tato, con­tro i traf­fici ille­gali di rifiuti e la com­pia­cenza dei rap­p­re­sen­tanti dello Stato cor­rotti.

Con uno stra­or­di­nario sac­ri­fi­cio per­son­ale, pagando un prezzo altissimo per il suo impegno pro­fuso in difesa e per la pro­mozione dei val­ori della lib­ertà, dell’informazione, della democrazia, della legal­ità.

Una legal­ità vera, quella che sta den­tro il nome di Paolo Borsellino: non il vuoto legal­ismo dei ben­pen­santi, il secu­ri­tarismo che aggre­disce i lavavetri ma è con­nivente con l’illegalità dif­fusa della polit­ica, chi­ude gli occhi davanti alle truffe dei potenti e rimane silente e dunque com­plice davanti ai furti di Stato.

Con­duce una lotta quo­tid­i­ana e nobile con­tro il male asso­luto delle mafie, dell’angheria, della cor­rut­tela dif­fusa e del silen­zio com­plice, con la forza delle idee per portare sem­pre avanti in suo impegno di gius­tizia, a qual­si­asi costo, per costru­ire un futuro migliore.

Per tutti.

A Roberto Saviano il Premio Nazionale Paolo Borsellino 2010.