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lunedì 22 luglio 2013

Annibale e la Via Metella

Tra le due montagne del Gorzano e di Pizzo di Sevo, nei monti della Laga, si snoda il cosiddetto “valico di Annibale”, chiamato così in ricordo del probabile passaggio del famoso condottiero.

L'ipotesi storica nacque dal ritrovamento, di un miliario romano che riportava la distanza dalla capitale, ritrovato sotto la montagna di Cima Lepri.

La via antica della Salaria fu studiata nel 1830 dallo storico teramano Niccola Palma, e ricostruito analiticamente sul terreno da Alesi, Calibani e Palermi, nella Guida Escursionistica dei Monti della Laga (1990).

Quando, anni fa, m’inerpicai sul Pizzo di Sevo, incontrai un sessantenne molto ardimentoso che si divertiva ancora in montagna.
Conosceva il territorio e m’indicò dall’alto la via che, secondo lui, Annibale aveva praticato per arrivare fin qui.

Dalle Marche attraverso la Salaria, il percorso partiva dalla cima del Monte Comunitore, per il valico del Passo Chino, inerpicandosi lungo il costone che tocca la vetta della Macera e il Pizzutello, sotto Cima Lepri, in un tourbillon di incredibili ascese e discese.
 
Ciò che colpì la mia fantasia fu il “come” il condottiero avesse fatto arrampicare fin lì gli elefanti, tant’è che il mio interlocutore disse subito che molti animali e soldati perdettero la vita per il freddo e gli indicibili sacrifici.

Il maturo escursionista m’indicò il guado in cui il condottiero sarebbe passato per distendere le sue falangi armate nelle colline del Vibrata, un angusto passaggio a sud del Pizzo di Sevo.

Secondo lui, la vera “Salaria” era proprio questa: antichissima arteria, caduta in disuso perché troppo selvaggia, scavalcante la dorsale della Laga fino alla costa adriatica.

Un territorio troppo aspro, tra monasteri incastonati nelle montagne, paesini arrampicati su speroni di roccia, castelli che punteggiano le alture.
In mezzo a grandi faggete e prati, dovette sostenersi una battaglia dove si fronteggiarono uno stratega abilissimo come Annibale e il console romano Quinto Fabio Massimo, che tutti conoscono come il “temporeggiatore”.

La battaglia secondo la leggenda (o realtà?) fu il prologo di quella ben più sanguinaria di Canne dove il capo dei Cartaginesi, con forze inferiori di numero (ca. 35.000 uomini), riportò sui Romani, presentatisi alla battaglia con un esercito forte di ca. 50.000 uomini, una strepitosa vittoria.

Molti storici hanno asserito che su questa via che proseguiva per il crinale del Ceppo, toccando Castel Manfrino, antico “castrum Romano”, attraverso le selvagge gole del Salinello, dovette avventurarsi l’eroe cartaginese.

Il quale decise di attraversare le pericolose falesie al di sotto di Macchia, pur di accelerare il suo arrivo verso l’Adriatico.
Il confine tra il Piceno e il Pretuzio era anche libero da truppe nemiche date le innumerevoli leggende di mostri mitologici che si inerpicavano sui contrafforti del Foltrone e del Girella alla ricerca di malcapitati viaggiatori.
Ma, evidentemente, Annibale e, più tardi, il grande Manfredi non avevano di queste paure.


La via Metella che collega direttamente la costa abruzzese di Giulianova, attraverso
S. Omero, alla Salaria, zona amatriciana, attraversando i Monti della Laga, è oggetto di un trekking ideato dal C.A.I. di Ascoli.
A cavallo tra il teramano e la provincia reatina, il primo giorno si percorrono le Gole del Salinello da Ripe, giungendo, attraverso Macchia da Sole, all'ostello di Leofara.
Il secondo giorno si raggiunge, per Imposte e Ciarelli, la località Ceppo, dove ci si può fermare all'Ostello.
Il terzo giorno si affrontano le pendici della Laga, scavalcando la catena sul famoso Guado di Annibale, scendendo in località Capricchia di Amatrice.




Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
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