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venerdì 13 aprile 2012

Chiesa di Santa Rufina a Villafranca di Valle Castellana

Il borgo di Villafranca appare come unico edificio, un continuo di case in pietra e viuzze che culminano in una piazza attraverso un arco.

Il ragazzino che incontro ha i capelli arruffati.

E’ spigoloso come sa esserlo un giovane svelto di cervello.
Mi indica l’anziana seduta su di una panca di pietra.
Con il dito della mano decreta che "la vecchia è un po’ rintronata ma sa tutto di tutti e ha pure le chiavi della chiesa".

S. Rufina è isolata tra i campi.
Emana il fascino discreto dell’apparente abbandono.
Evoca bucoliche sensazioni del passato, la suggestione di un placido borgo contadino.

La donna non proferisce parola, neanche un saluto, mi porge con mano rude le chiavi.
Guardo la piccola chiesa nella sua semplicità architettonica.
E’ proprio nella caratteristica di umiltà, che si rispecchiano i caratteri degli abitanti di queste montagne.

Ha subito un rifacimento nel XIII secolo, cento anni dopo la costruzione.
Un trittico, opera di Pietro Alemanno, per motivi di sicurezza visto l’isolamento, è custodito nel museo dell’Aquila.

Una lapide del 1958, nella casetta in pietra adiacente alla chiesa, riporta un fatto prodigioso.

Il tre ottobre 1943, mentre su queste montagne infuriava l’attacco sferrato dai tedeschi contro i partigiani, Luigi Ambrosi, un avvocato di Ascoli Piceno, fu circondato con altri sette giovani e stava per cadere sotto il fuoco nemico.

Un’invocazione dal profondo del cuore a chiedere soccorso alla Vergine e, quando tutto sembrava perduto, un violento terremoto scosse forte la terra.
Grossi macigni rotolarono generando panico fra i soldati tedeschi.
Si diedero alla fuga precipitosa, risparmiando i giovani.

Era il giorno dedicato al Santo Rosario.



Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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