Alla scoperta di Macchiatornella, borgo magico con le sue cascate.
Panorami che trafiggono per la loro armonia perché la bellezza, come dice Ezra Pound, non si spiega, si ammira!
Il profilo aggressivo del Gorzano, nei Monti della Laga, sembra emergere come un’isola misteriosa all’orizzonte del mare di nebbia che caratterizza in prima mattina la fitta boscaglia ricca di faggi, cerri e castagni secolari.
Superato l’abitato di Padula, si apre il poggio su cui si adagiano le abitazioni di Macchiatornella.
Nel profondo di questi boschi sembrano essersi consumate leggende drammatiche nel corso dei secoli.
Qui pare abbia trovato rifugiato il conte Odoardo della nobile famiglia dei Sticchi, il quale, in preda a sconvolgimenti interiori all’indomani della morte della donna amata, si ritirò nel profondo della selva in eremitaggio.
Fu trovato morto di stenti e di freddo nel cavo di una castagno secolare che aveva adibito a dimora.
Sul luogo sorse un eremo, oggi scomparso.
Storie fantastiche raccontano che il borgo, secoli fa, fosse quasi recintato da una impenetrabile macchia montana, con un castello medioevale posto nella parte più alta del paese a guardia della vallata del Tordino.
Si spiega anche con questa leggenda la posizione dell’abitato, tutto in salita, al di sopra delle splendide cascate Cantagalli, un tuffo d’acqua che per secoli è stato creduto magico.
Un poeta le definì “…l’agitate acque che per gran sassi ribollon cadendo in strazianti grida”.
Nel bosco pare sia vissuto anche un negromante, incantato dalla magia del luogo, i cui amici - raccontano le fole degli anziani abitanti – sembra fossero gatti selvatici, lupi e faine, con i quali il vecchio demoniaco riusciva a comunicare non si sa come.
E più l’eremita si bagnava alle sorgenti di pietra, più sembra divenisse immortale.
In questi luoghi è possibile trovare buone quantità di tartufo, alimento controverso nell’antichità.
Questo tubero dalle forme sgraziate e dal colore nero, secoli fa, veniva guardato con sospetto.
Si credeva fosse animato.
Pianta o escrescenza del demonio e delle streghe che lo avevano eletto a loro cibo, pensare oggi al tartufo come il re della tavola ricercata, strappa un sorriso.
Dal centro abitato di Padula, (m.932), si arriva al vecchio mulino e, seguendo il Sentiero Italia per la tappa del Ceppo, si raggiunge il “ponte Flammagno”.
Qui chi ama la flora scoprirà diversi esemplari di tasso, una specie arborea protetta.
Una breve deviazione porta alle cascate Cantagalli, tre balzi con cui il Fosso della Cavata confluisce nel fiume Tordino.
Raggiunta la Radura delle Macere (m.1140), si attraversa il fosso su di un piccolo ponte in ferro.
Una comoda sterrata permette di scendere, con davanti agli occhi una bella vista sull’alta valle del Tordino.
Difficoltà: turistica
Quota massima: Macere (m.1140)
Sviluppo: m. 3500
Dislivello totale: m. 426
Tempo percorrenza: 1h 15’
Panorami che trafiggono per la loro armonia perché la bellezza, come dice Ezra Pound, non si spiega, si ammira!
Il profilo aggressivo del Gorzano, nei Monti della Laga, sembra emergere come un’isola misteriosa all’orizzonte del mare di nebbia che caratterizza in prima mattina la fitta boscaglia ricca di faggi, cerri e castagni secolari.
Superato l’abitato di Padula, si apre il poggio su cui si adagiano le abitazioni di Macchiatornella.
Nel profondo di questi boschi sembrano essersi consumate leggende drammatiche nel corso dei secoli.
Qui pare abbia trovato rifugiato il conte Odoardo della nobile famiglia dei Sticchi, il quale, in preda a sconvolgimenti interiori all’indomani della morte della donna amata, si ritirò nel profondo della selva in eremitaggio.
Fu trovato morto di stenti e di freddo nel cavo di una castagno secolare che aveva adibito a dimora.
Sul luogo sorse un eremo, oggi scomparso.
Storie fantastiche raccontano che il borgo, secoli fa, fosse quasi recintato da una impenetrabile macchia montana, con un castello medioevale posto nella parte più alta del paese a guardia della vallata del Tordino.
Si spiega anche con questa leggenda la posizione dell’abitato, tutto in salita, al di sopra delle splendide cascate Cantagalli, un tuffo d’acqua che per secoli è stato creduto magico.
Un poeta le definì “…l’agitate acque che per gran sassi ribollon cadendo in strazianti grida”.
Nel bosco pare sia vissuto anche un negromante, incantato dalla magia del luogo, i cui amici - raccontano le fole degli anziani abitanti – sembra fossero gatti selvatici, lupi e faine, con i quali il vecchio demoniaco riusciva a comunicare non si sa come.
E più l’eremita si bagnava alle sorgenti di pietra, più sembra divenisse immortale.
In questi luoghi è possibile trovare buone quantità di tartufo, alimento controverso nell’antichità.
Questo tubero dalle forme sgraziate e dal colore nero, secoli fa, veniva guardato con sospetto.
Si credeva fosse animato.
Pianta o escrescenza del demonio e delle streghe che lo avevano eletto a loro cibo, pensare oggi al tartufo come il re della tavola ricercata, strappa un sorriso.
Dal centro abitato di Padula, (m.932), si arriva al vecchio mulino e, seguendo il Sentiero Italia per la tappa del Ceppo, si raggiunge il “ponte Flammagno”.
Qui chi ama la flora scoprirà diversi esemplari di tasso, una specie arborea protetta.
Una breve deviazione porta alle cascate Cantagalli, tre balzi con cui il Fosso della Cavata confluisce nel fiume Tordino.
Raggiunta la Radura delle Macere (m.1140), si attraversa il fosso su di un piccolo ponte in ferro.
Una comoda sterrata permette di scendere, con davanti agli occhi una bella vista sull’alta valle del Tordino.
Difficoltà: turistica
Quota massima: Macere (m.1140)
Sviluppo: m. 3500
Dislivello totale: m. 426
Tempo percorrenza: 1h 15’
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