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giovedì 20 giugno 2013

Montepagano: il nobile balcone sul mare

Scorci di paesaggi stupendi, gocce di medioevo!
È il borgo di Montepagano che sovrasta la caotica spiaggia di Roseto, dove il tempo pare si sia fermato.

Il cavalletto portatile piantato sul terreno, la tavolozza dei colori e il rapido movimento dell’artista sulla tela.
Piccoli colpi di spatola e il paesaggio avvolge sinuoso.
Non potrò mai riuscire a copiare la bellezza di questo luogo”- mi dice, alzando la testa dalla sua creazione, rapito dalle onde del mare sottostante.

Lì dove oggi c’è la stazione balneare di Roseto degli Abruzzi, un tempo esisteva un piccolo agglomerato di case e tanta sabbia, fin quando, centocinquantadue anni fa, il 22 maggio 1860, non sorse questa industria turistica, per gemmazione dell’antico feudo di Montepagano.

Il balcone della porta da Borea con il suo arco a ogiva si apre sull’immensità del mare, con vedute che si allungano fin quasi al Conero marchigiano.
Il profumo di verde e l’aria pura di collina, la ruvida e calda pastosità delle pietre antiche, rendono una bellezza che produce un incanto profondo.
Sono arrivato a piedi, attraverso un ripido e antico percorso.

Gli abitanti lo utilizzavano per scendere i trecento metri di dislivello che dividono il colle dal mare.
Ho incontrato la storica “Fonte dell’Accolle” dell’ottocento, oggi quasi in abbandono, dove le donne facevano bucato e tornavano a casa, con testa la conca piena d’acqua e, sotto braccio, la canestra dei panni.

Dall’alto della collina è apparso chiaro ciò che sta accadendo: i paesaggi rurali di secoli stanno scomparendo, inghiottiti da un presente fatto di cemento, di sconquassi e di cantieri edili.
Le valli, intonse per migliaia di anni, stanno morendo nel fervore del cemento.
La multiforme ricchezza della ruralità italiana è sempre più minacciata dall’espansione urbana.

Eppure da questo balcone in cui si scorge Silvi Alta e più giù Pescara, tutto pare essersi fermato.
I rintocchi della torre della S.S. Annunziata scendono come pioggia.

L’imponente cupola domina l’abitato.
Il monumentale tempio nacque dal miracolo dell’immagine della Madonna che pianse, incredibilmente, per più giorni.

L’antico feudo dei Normanni, arroccato sulla collina, conserva bei scorci dal passato.
Il suono è certamente diverso da quello, possente, che si sprigionava nel periodo delle incursioni barbariche, dalla grossa campana del paese i cui rintocchi giungevano alle galee al largo della costa.

Il frastuono avvertiva l’imminenza degli sbarchi dei turchi distruttori.

Dire che qui tutto è rimasto come al tempo della giurisdizione degli Abati di San Giovanni in Venere nel chietino, non è bugia.
Dal campanile di quaranta metri, simbolo che si erge nella piazza con la cella campanaria dalle tre campane, si dipanano stradine medievali dove immergersi nel silenzio.

La torre di Sisto V del secolo XVI, rimasta orfana della chiesa, vive ancora la tradizione della Confraternita del S.S. Sacramento che, nel ‘500, assisteva gli indigenti e che oggi si occupa di organizzare i festeggiamenti al patrono, S. Antimo protomartire.
La statua solleva instancabile con la mano, da migliaia di anni, il castello medievale.

E’ in questa piccola cornice che si trova il Museo della Cultura Materiale, uno degli oltre quattromila sparsi nella penisola, risorsa preziosa della nostra storia.
Dal 1987 l’istituzione, nata ad allacciare il filo della memoria con il vissuto paesano, ha il compito di ricercare le testimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente, conservandole e comunicandole.

I locali espositivi sono visitati mediamente da più di millecinquecento appassionati l’anno.
Tutto il prezioso materiale è contenuto in ambienti ricostruiti fedelmente grazie all’associazione, “Vecchio Borgo”, fondatrice del museo.




Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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