
Un gheppio plana dolcemente su di un arbusto.
Il luogo evoca cruenti duelli all’arma bianca, un tempo teatro di battaglie, oggi luogo silente.
Per secoli la zona è stata di transito per monaci in viaggio verso la Baronia di Carapelle, imperatori padroni della vita e della morte del popolo, poveri pastori confusi tra le bestie.
Oggi é un luogo straordinario, immerso nel silenzio profondo.

Le torme di turisti estivi sono lontane.
È il castello per eccellenza, nelle forme classiche del Quattrocento, quello che ogni bambino immagina nel suo mondo di fiabe.

Costruito intorno all’anno Mille, il castello ha i suoi momenti storici più importanti, negli anni dal 1480 al 1530, quando la famiglia Piccolomini realizzò quattro torri ricostruendo l’abitato distrutto da un furioso terremoto nel 1461.
Il nobile non era certo un mecenate.
Proprio sotto il borgo fortificato, passava un’arteria importantissima per l’economia locale: il tratturo Magno che collegava l’Abruzzo con tutto il Centro- Italia da Firenze a Napoli, determinando un flusso considerevole di commercio.

Questa notevole opera militare, che ha ospitato condottieri come Riccardo d’Acquaviva e Carlo D’Angiò, vanta una torre centrale larga dieci metri, costruita impiegando una tecnica muraria particolare, dove i primi tre metri sono in muratura regolare, gli altri in pietra appena sbozzata.
La torre fu integrata più tardi dalla cortina muraria e da altre quattro torri cilindriche sorrette agli angoli da basamenti ancorati sulla nuda roccia.
C’è anche una chiesa che non ti aspetti, singolare e rinascimentale, in pianta ottagonale, fondata alla fine del ‘500 che, a una vista sommaria, sembrerebbe stonare con l’insieme ma che invece riesce a formare il classico valore aggiunto di pregevole fattura.

Per raggiungere questo posto incredibile, prendete l’autostrada per Roma, uscita Aquila Est, strada statale 17 direzione Pescara e poi, dopo 18 chilometri girate a sinistra per Barisciano, strada provinciale per Calascio, tre chilometri tortuosi e in bilico su di una piana incredibile fin su la rocca.
Per chi ha piedi buoni, consiglio di salire scarpinando, così da gustare fino in fondo il panorama.
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Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di due libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat".
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